La Storia

1919 - 1927

Nel 1919 alla conferenza per la pace di Parigi, l’Italia non riesce ad ottenere il rispetto integrale del trattato di Londra, a causa dell’opposizione di Woodrow Wilson: le viene riconosciuta l’annessione del Trentino, dell’Alto Adige, di Trieste e di parte dell’Istria. La vittoria mutilata provoca molto malcontento negli ambienti degli ex combattenti, e causa la caduta di Orlando, sostituito da Francesco Saverio Nitti. Il 23 marzo 1919 Mussolini fonda i Fasci Italiani di Combattimento, e forma le prime squadre d’azione. Gabriele D’Annunzio, al comando di un migliaio di Arditi, occupa Fiume, che aveva chiesto l’annessione all’Italia.
A novembre Nitti indice le elezioni, le prime col sistema proporzionale, che segnano un grande successo dei due partiti popolari di massa, il Partito popolare, che Don Luigi Sturzo ha fondato da pochi mesi, e il Partito socialista; i fascisti registrano una sconfitta.
La grave crisi economica provoca numerosi scioperi nell’agricoltura e nell’industria. A Torino, dove Gramsci pubblica il settimanale Ordine nuovo, è costituito il primo Consiglio di fabbrica. Nell’Italia meridionale prende il via un movimento di occupazione delle terre incolte. Agli scioperi e alle manifestazioni operaie si oppone la violenza delle squadre d’azione dei Fasci di Combattimento.
Col Trattato di Rapallo, Fiume è dichiarata città libera e sgombrata dai legionari dannunziani.

Nel 1921 nasce a Livorno il Partito comunista, per una scissione durante il XVII congresso del Partito socialista.
Le nuove elezioni generali del maggio 1921 vedono un arretramento della sinistra, dato che questa con la sua politica massimalista e rivoluzionaria spinge la borghesia a destra. Guadagnano voti i popolari e le destre. Mussolini è eletto alla Camera.
A novembre i Fasci Italiani di combattimento si trasformano nel Partito nazionale fascista.
Lo stato liberale mostra la sua debolezza: nell’arco di pochi mesi si avvicendano tre governi di Facta e Bonomi, deboli e inconcludenti. La sinistra è lacerata da divisioni interne, i popolari sono ostili allo stato liberale e Mussolini gioca abilmente il doppio ruolo di difensore dell’autorità dello Stato e di capo di un movimento insurrezionale.
Il 1° agosto 1922 le organizzazioni sindacali socialiste e anarchiche indicono uno sciopero generale per protestare contro le violenze fasciste. Il Partito fascista risponde che, se il Governo non agirà contro lo sciopero, mobiliterà le sue squadre d’azione.
Il 24 ottobre al congresso del Partito fascista a Napoli, Mussolini preannuncia la marcia su Roma delle camicie nere.
Il 27 ottobre, sotto la guida dei quadrumviri  De Vecchi, Balbo, Michele Bianchi ed De Bono la spedizione fascista entra in Roma. Il primo ministro Facta rassegna le dimissioni e propone a Vittorio Emanuele III di proclamare lo stato d’assedio. Il re rifiuta e il 28 ottobre affida a Mussolini l’incarico di formare il Governo.
Il primo Governo Mussolini è composto di fascisti, popolari, liberali, un radicale, il generale Diaz e l’ammiraglio Thaon di Revel e ottiene dal Parlamento i pieni poteri.
L’11 dicembre 1922 è istituito il Gran Consiglio del Fascismo.

Il 13 gennaio 1923 è fondata la Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale , che inquadra le formazioni squadristiche.
Il Partito nazionalista e quello fascista si fondono.
La legge elettorale del 1923 (legge Acerbo ), che concede alla lista di maggioranza relativa i due terzi dei seggi, prepara il terreno per la legittimazione parlamentare della posizione di forza del Partito fascista. Alle elezioni dell’aprile 1924, svoltesi in un clima di pesante intimidazione, viene presentato il “listone” governativo, cui aderisce anche la maggioranza dei liberali, che ottiene la maggioranza dei voti.
Il deputato socialista Giacomo Matteotti denuncia alla Camera le violenze e i brogli. Il 10 giugno 1924 viene rapito e assassinato da sicari fascisti. Il delitto suscita profonda emozione nel Paese, e i deputati dell’opposizione abbandonano il Parlamento (secessione dell’Aventino) chiedendo lo scioglimento della Milizia e la restaurazione della legalità. Mussolini risponde col discorso alla Camera del 3 gennaio 1925, con cui si assume ogni responsabilità dell’accaduto. È l’inizio della dittatura. Le opposizioni sono messe a tacere e si promulgano le leggi fascistissime, che, abrogando di fatto lo Statuto, danno vita a un regime totalitario. La legge del 24 dicembre 1925 stabilisce che il Governo non è più responsabile davanti al Parlamento, ma solo dinanzi al re.

Mussolini prosegue con la promulgazione delle leggi fasciste, sono abolite le amministrazioni locali: i podestà sostituiscono i sindaci. L’attentato a Mussolini a Bologna nell’ottobre del 1926, ad opera del giovane anarchico Anteo Zamboni, offre il pretesto per il definitivo giro di vite liberticida: è soppressa la stampa d’opposizione, sciolti partiti e organizzazioni antifasciste, istituito il confino di polizia. Nel 1927 è istituito il Tribunale speciale. Inizia l’irreggimentazione sistematica della gioventù nelle istituzioni del Partito fascista: nasce l’Opera Nazionale Balilla, per bambini e giovani di entrambi i sessi, mentre gli universitari confluiscono nei GUF, Gruppi Universitari Fascisti. In economia si delinea il sistema corporativo, e la Carta del lavoro subordina le forze economiche alla potenza nazionale; viene varata la politica di rivalutazione della lira, per raggiungere la cosiddetta “quota 90”, mentre si dà inizio alla battaglia del grano per raggiungere l’autosufficienza nella produzione del grano: sono iniziative di scarso rilievo economico e persino dannoso,  ma efficaci sul piano della propaganda e del consenso.
Gli esponenti dell'opposizione sono costretti a riparare a l'estero: a Parigi nasce la Concentrazione antifascista, composta di socialisti, repubblicani e membri di Giustizia e Libertà; Giovanni Amendola e Piero Gobetti muoiono in conseguenza delle aggressioni squadristiche, Antonio Gramsci è condannato al carcere dal Tribunale speciale.