Nel 1919 alla conferenza per la
pace di Parigi, l’Italia non riesce ad ottenere il rispetto integrale
del trattato di Londra, a causa dell’opposizione di Woodrow Wilson: le
viene riconosciuta l’annessione del Trentino, dell’Alto Adige, di
Trieste e di parte dell’Istria. La vittoria mutilata provoca
molto malcontento negli ambienti degli ex combattenti, e causa la caduta
di Orlando, sostituito da Francesco Saverio Nitti. Il 23 marzo 1919
Mussolini fonda i Fasci Italiani di Combattimento, e forma le prime
squadre d’azione. Gabriele D’Annunzio, al comando di un migliaio di Arditi, occupa Fiume, che aveva chiesto l’annessione all’Italia.
A novembre Nitti indice le elezioni, le prime col sistema proporzionale,
che segnano un grande successo dei due partiti popolari di massa, il Partito
popolare, che Don Luigi Sturzo ha fondato da pochi mesi, e il Partito
socialista; i fascisti registrano una sconfitta.
La grave crisi economica provoca numerosi scioperi nell’agricoltura e
nell’industria. A Torino, dove Gramsci pubblica il settimanale Ordine
nuovo, è costituito il primo Consiglio di fabbrica. Nell’Italia
meridionale prende il via un movimento di occupazione delle terre incolte.
Agli scioperi e alle manifestazioni operaie si oppone la violenza delle
squadre d’azione dei Fasci di Combattimento.
Col Trattato di Rapallo, Fiume è dichiarata città libera e
sgombrata dai legionari dannunziani.
Nel 1921 nasce a Livorno il Partito comunista, per una scissione
durante il XVII congresso del Partito socialista.
Le nuove elezioni generali del maggio 1921 vedono un arretramento della
sinistra, dato che questa con la sua politica massimalista e
rivoluzionaria spinge la borghesia a destra. Guadagnano voti i popolari e
le destre. Mussolini è eletto alla Camera.
A novembre i Fasci Italiani di combattimento si trasformano nel Partito
nazionale fascista.
Lo stato liberale mostra la sua debolezza: nell’arco di pochi mesi si
avvicendano tre governi di Facta e Bonomi, deboli e inconcludenti. La
sinistra è lacerata da divisioni interne, i popolari sono ostili allo
stato liberale e Mussolini gioca abilmente il doppio ruolo di difensore
dell’autorità dello Stato e di capo di un movimento insurrezionale.
Il 1° agosto 1922 le organizzazioni sindacali socialiste e anarchiche
indicono uno sciopero generale per protestare contro le violenze fasciste.
Il Partito fascista risponde che, se il Governo non agirà contro lo
sciopero, mobiliterà le sue squadre d’azione.
Il 24 ottobre al congresso del Partito fascista a Napoli, Mussolini
preannuncia la marcia su Roma delle camicie nere.
Il 27 ottobre, sotto la guida dei quadrumviri De Vecchi, Balbo,
Michele Bianchi ed De Bono la spedizione fascista entra in Roma. Il
primo ministro Facta rassegna le dimissioni e propone a Vittorio Emanuele
III di proclamare lo stato d’assedio. Il re rifiuta e il 28 ottobre
affida a Mussolini l’incarico di formare il Governo.
Il primo Governo Mussolini è composto di fascisti, popolari, liberali, un
radicale, il generale Diaz e l’ammiraglio Thaon di Revel e ottiene dal
Parlamento i pieni poteri.
L’11 dicembre 1922 è istituito il Gran Consiglio del Fascismo.
Il 13 gennaio 1923 è fondata la Milizia Volontaria di Sicurezza
Nazionale , che inquadra le formazioni squadristiche.
Il Partito nazionalista e quello fascista si fondono.
La legge elettorale del 1923 (legge Acerbo ), che concede alla lista di
maggioranza relativa i due terzi dei seggi, prepara il terreno per la
legittimazione parlamentare della posizione di forza del Partito
fascista.
Alle elezioni dell’aprile 1924, svoltesi in un clima di pesante intimidazione,
viene presentato il “listone” governativo, cui aderisce anche la
maggioranza dei liberali, che ottiene la maggioranza dei voti.
Il deputato socialista Giacomo Matteotti denuncia alla Camera le violenze
e i brogli. Il 10 giugno 1924 viene rapito e assassinato da sicari
fascisti. Il delitto suscita profonda emozione nel Paese, e i deputati
dell’opposizione abbandonano il Parlamento (secessione dell’Aventino)
chiedendo lo scioglimento della Milizia e la restaurazione della legalità.
Mussolini risponde col discorso alla Camera del 3 gennaio 1925, con cui si
assume ogni responsabilità dell’accaduto. È l’inizio della
dittatura. Le opposizioni sono messe a tacere e si promulgano le leggi
fascistissime, che, abrogando di fatto lo Statuto, danno vita a un
regime totalitario. La legge del 24 dicembre 1925 stabilisce che il
Governo non è più responsabile davanti al Parlamento, ma solo dinanzi al
re.
Mussolini prosegue con la promulgazione delle leggi
fasciste, sono abolite le amministrazioni locali: i podestà sostituiscono i sindaci. L’attentato a
Mussolini a Bologna nell’ottobre del 1926, ad opera del giovane
anarchico Anteo Zamboni, offre il pretesto per il definitivo giro di vite
liberticida: è soppressa la stampa d’opposizione, sciolti partiti e
organizzazioni antifasciste, istituito il confino di polizia. Nel 1927 è
istituito il Tribunale speciale. Inizia l’irreggimentazione sistematica
della gioventù nelle istituzioni del Partito fascista: nasce l’Opera
Nazionale Balilla, per bambini e giovani di entrambi i sessi, mentre gli
universitari confluiscono nei GUF, Gruppi Universitari Fascisti. In
economia si delinea il sistema corporativo, e la Carta del lavoro subordina
le forze economiche alla potenza nazionale; viene varata la politica di
rivalutazione della lira, per raggiungere la cosiddetta “quota 90”,
mentre si dà inizio alla battaglia del grano per raggiungere
l’autosufficienza nella produzione del grano: sono iniziative di scarso
rilievo economico e persino dannoso, ma efficaci sul piano della
propaganda e del consenso.
Gli esponenti dell'opposizione sono costretti a riparare a l'estero: a Parigi nasce la Concentrazione
antifascista, composta di socialisti, repubblicani e membri di
Giustizia e Libertà; Giovanni Amendola e Piero Gobetti muoiono in
conseguenza delle aggressioni squadristiche, Antonio
Gramsci è condannato al carcere dal Tribunale speciale.