Benedetto Verdiani |
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Mio
padre naturalmente lavorava a Napoli, le comunicazioni praticamente erano
inesistenti, però riuscì a venire, mio padre, finalmente dopo un viaggio
con mezzi di fortuna, non so come fece quel poveretto poi
disse: "Guaglio’ ije nun ci’’a faccio cchiù a sta sul’,
vien’pure tu a Papule, almeno cercherai un lavoro, che a Napoli è
facile lavorare perché ci sono gli americani". E io mi partii e andai a
Napoli con mio padre. Arrivati a Napoli (risatina) nat’avventura. Trovai
Napoli tutta cambiata, tutta bombe che n’avevo idea, l’avevo lasciata
intatta. Napoli cioè intatta, qualche bomba l’aveva già avuta. Esco
una mattina io e non sapevo che fare vicino ‘a
vesuviana che sta a piazza Guglielmo Pepe. Vidi “chist vince,
chist’ perde le tre tavolette”.Io guardai e dissi: "Chest è
facile, chest’ è facile" Piglie e mett’ cinquanta lire la sopra. Il
primo anno sono stato a Ponticelli, poi da Ponticelli come insegnante di
ruolo, si perché lì presi il giuramento.- e si! - da Ponticelli poi sono
venuto alla "Leopardi". Però avevo già fatto tre anni prima come fuori
ruolo, sono stato a Frattamaggiore, a San Giovanni a Teduccio il rione che
teneva tutti gli alunni… un rione chiamato "Pazziglia", un rione
malfamato; n’ata scuola malfamata a scuola "Basilio Puoto", miez’
Furcell’. Però vi devo dire la teng’ nu raccontin’, ca dopp’ si
c’ mettimm’ ve lo leggo, su di un ragazzo di Forcella e poi sono
passato alla "Leopardi". E alla "Leopardi" sono stato fino agli anni
1970 se non
mi sbaglio - dal 1950 agli anni 1970. Poi feci l’abilitazione, perché io ho
fattodue volte il concorso per direttore didattico perché dopo, con la
laurea all’"Orientale" mi sono iscritto a comm’si chiamm’la,
all’Università di Salerno: "Magistero di Salerno" dico bene,
"Magistero di Salerno", vulev’ piglià a vigilanza didattica pecché vulev’ fa il
direttore didattico e ho fatto un paio di volte l’esame per direttore
didattico se non ché c’era due prove. Venivo sempre promosso ad una
prova. Una volta promosso in pedagogia e un’altra volta sono stato
promosso in diritto però là ci vuleva a promozione in tutte e due. Mi
sono stancat’ e aggiu ritt’ mo aggia lascià. Venne il concorso per la
scuola media - l’abilitazione per la scuola media - mi so preparato per la
scuola media dopo dieci anni che avevo lasciato l’inglese, a stento ce
l’ho fatta. Dopo due, tre anni, quattro anni adesso mi ricordo venne un’altra
abilitazione per le scuole superiori. Allora Verdiani si preparò ed ebbe
90/100. Già, allora! …mo' i 110 e lode si regalano, ma allora quando uno
aveva ottanta, ottantacinque, già il padre orgoglioso lo faceva scrivere sopra il
giornale. E da lì sono passato alla scuola media.
I primi anni sono stato a Giugliano. Poi da Giugliano a ‘na
scuola che sta sul lago Patria, poi ‘n’ata scuola a Pozzuoli, a scuola
di quel musicista là, comm’ si chiamm, quel musicist, beh il nome non me
lo ricordo. Poi in ultimo sono stato qui al rione Traiano. La scuola
Losengo e là sono stato una quindicina di anni e m’ so’ trovat’ bene
pure là. Non è vero che ‘o rione Traiano e quell’ che si dice,
tutt’ brava gent’. Oddio, ci stav pur un poco di droga, ci sta, ma si
trova la stessa persona [drogata] dovunque. Va bene questa è tutta la mia vita. Sentite io ho insegnato esattamente… sono stato trentanove anni come insegnante però sono andato con trentanove anni comunque riscattando la laurea insomma sono stato quarantadue, quarantatre anni. Gli anni effettivi inizialmente sono stati trentanove anni o trentotto, questo non mi ricordo, però vi posso garantire che la soddisfazione che mi ha dato la scuola elementare non l’ho più avuta [...] se non si fa con passione l’insegnamento è meglio cambiare mestiere, è chiaro. L’insegnante…le soddisfazioni che danno quegli alunni perché voi vedete un materiale amorfo, voi vedete quegli alunni che mano a mano non crescono soltanto fisicamente. Me so’ passat annanz a cento a cento guaglion e piccerelle e tutt’ addivintavano dint’ a nient’ chi giuvinotti e chi signurinelle. Questa è una delle cose che io ho scritto. Io ho fatto tanto di quella esperienza là dentro e mi so’ sempre battuto quando veniva qualche papavero dall’alto che cominciava a stampare libri, metodo globale, metodo tu-tu-tu-tutt’ chiacchiere. Il metodo lo facevo io a seconda della scolaresca che avevo anche. Io ho inventato, cioè non ho inventato niente, ho trovato in certi libri certe cose che una volta proprio alla "Leopardi"; vedete stava la preside comm si chiamm la la direttrice Felice pare che si chiamav’ prima di..., io avevo un’aula entrando a sinistra e lì c’era pure il bagno dove andavano gli insegnanti. Un giorno faceva caldo era, forse, era il mese di maggio e stava la porta aperta, faceva caldo, passava la direttrice e vide gli alunni che facevano così con le mani. Quella guarda, mi guarda e se ne va. Tutti i ragazzi mi guardano. Dopo un’ora venn’ un’altra volta "Professò che stanno facendo questi alunni?" "Stanno studiando le tabelline" Io
posso dire parecchie cose di Fuorigrotta, mi ricordo parecchie cose;
cominciamo da viale Augusto: verso la Mostra, sul lato destro, uno degli
ultimi palazzi, c'era il rudere di un grande albergo: "l’Albergo
delle Masse" che il passato regime Mussolini fece costruire in vista della
Mostra d’Oltremare perché la Mostra d’Oltremare fu terminata poco
tempo prima dello scoppio della guerra. E quell'Albergo delle Masse era
destinato proprio alla nassa dei visitatori che venivano a visitare questa
Mostra d’Oltremare. Quell’albergo era un albergo fatto bene, fu
occupato dai sinistrati e, naturalmente, quando i sinistrati se ne
andarono, non era più un albergo ma era un rudere, è chiaro? E
naturalmente fu tutto abbattuto e hanno costruito un palazzo di via
Leopardi, come si chiama... di via Giacomo Leopardi, già ve ne ho parlato...
Tutto il lato dove sta le scuole "Pie", praticamente non c'era
niente e non c'era neanche il palazzo dell’ATAN (Azienda Tranviaria
Autonoma Napoletana) e non c’era neanche il villaggio di Lauro, non
esisteva. Il villaggio Lauro era tutto uno spiazzo erboso e vi dico
un’altra cosa voi mi avevate parlato di via Consalvo; via Consalvo era
tutta alberata di platani e mo’ pare che ci stanno ancora i platani. |
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