Rassegna panoramica delle conquiste italiane, ponte ideale attraverso le realtà storiche e geografiche tra l’Impero di Roma e un agognato avvenire dell’Italia del secolo ventesimo, tutto questo fu detto in un fiume d’ inchiostro.
Noi fummo incantati dalla febbre meravigliosa del lavoro brulicante di migliaia di braccia. Fuorigrotta appariva tutta una fucina. Colossale scenario di mura che si abbattevano, di verticali che crollavano, di terreni rassodati, di zone spianate e allargate. Il piccone e la vanga avevano il ritmo di una macchina gigantesca. Ogni crollo era seguito da voragini polverulenti che il vento lentamente dissipava. Gli uomini erano come ombre confuse nelle ombre. Poi la luce investiva vittoriosa gli scheletri e le dorsali dei tuguri scomparsi, e teorie di carri ne portavano lontano i relitti.
La fatica quotidiana aveva un anelito inconsueto, più fervido a ogni nuova giornata. Domani, si diceva, sarà fatto un passi innanzi verso la città che dovrà sorgere, verso la nuova molteplice vita che qui sarà vissuta, eco del passato respiro, dell’attività, del cammino degli italiani oltre i mari. E quando la sera discendeva sui Campi Flegrei, tutto un esercito di lavoratori tornava, a piedi o nei tranvai o pedalando snelle biciclette, alla città, ai villaggi vicini, alle proprie case. Esercito in moto di altrettanti soldati ligi a una disciplina, a una consegna, e che all’alba seguente avrebbe ripreso con novella lena le armi del lavoro.
Terre predestinate, queste, che gli antichissimi miti descrissero redimite di fuoco e di fiamme, terre ardenti, flegree, che precludevano le abitazioni dei ciclopi.
E l’illusione sopravvive ancora. Di notte, quando ogni altra attività tace, le vene degli altiforni pulsano tuttavia, e per i piani inclinati cateratte incandescenti di ghisa scendono precipiti nelle gigantesche forme diffondendo lontano il fragore della voragine, e ancora oggi, come nei millenni remoti, il cielo appare cavalcato da vapori sanguigni che riempiono gli spazi di riverberi e fulgori, e un rombo si leva, ingigantito dal silenzio circostante.
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