Ma nonostante la luce e l' aerazione fossero assicurate da due pozzi obliqui, l'attraversamento della grotta non doveva certo essere dei più agevoli stando alla suggestiva descrizione che Seneca (I secolo a.C.) ci ha lasciato raccontando all'amico Lucilio del suo viaggio di ritorno da Baia a Napoli, in un giorno di tempesta.
E Maiuri nella sua Guida ai Campi Flegrei (I.P.S. Roma MCMLXX) così si esprime:
"chi conosce la pesante e densa polvere dei terreni puteolani, lungo le strade di campagna, le cosiddette cupe, scavate dallo stropiccio dei piedi e delle ruote dei carri entro il banco di tufo, può intendere tutta la vivezza descrittiva dello scrittore latino".

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L' ingresso lato Piedigrotta
Segnalata da scrittori e viaggiatori, la Cripta Neapolitana è stata riprodotta in moltissimi dipinti e incisioni, a corredo di testi di viaggio di varie epoche. Essa si apre nella collina di Posillipo ed è stata oggetto di un'antica leggenda legata al culto di Virgilio e alle straordinarie doti di mago che la tradizione popolare medioevale gli aveva attribuito. La grotta, infatti, l'avrebbe scavata lui, in una sola notte, "per comodità de li cittadini di Napoli" (Cronaca di Partenope) e da allora avrebbe meritato dal volgo il nome di "Grotta di Virgilio". Altri scrissero che fu eseguita in quindici giorni dall'illustre architetto Cocceio, il quale v'impiegò centomila schiavi. Si trattava di leggende nate in seno alla fantasia popolare, ovviamente rifiutate dagli uomini di cultura: infatti quando il re Roberto d'Angiò chiese al Petrarca cosa ne pensasse egli, indignato, rispose: "Non ho mai letto che Virgilio fosse uno spaccapietre".
Ignorandosi l'epoca della sua formazione è cosa dubbia se i primi abitatori di Napoli o i Cumani poco dopo stabiliti a Cuma l'avessero cavata; tutto quello che a tal proposito si è scritto è senza prova.
Strabone scrivendo sulle opere militari effettuate da Cocceio, che era l'architetto di Augusto, dice che la
Crypta Neapolitana era stata fatta per collegare Napoli con Pozzuoli,